Legambiente è convinta da sempre che un nesso inscindibile leghi il progresso della scienza, di una scienza libera e responsabile, all’obiettivo di contrastare il degrado ambientale che minaccia gli equilibri ecologici, colpisce la vita degli uomini di oggi, ipoteca il destino delle future generazioni.Sebbene i movimenti ecologisti siano stati influenzati anche da posizioni utopistiche, l’ambientalismo è però un pensiero politico a forte impronta scientifica, le cui radici affondano nei nuovi paradigmi scientifici sull’interazione tra uomo e ambiente affermati dalla biologia e dall’ecologia nel corso dell’Ottocento e del Novecento, a partire dalla definizione del ruolo dell’ambiente nella teoria darwiniana dell’evoluzione. Del resto, la continuità tra l’ecologia come riflessione scientifica ed epistemologica e l’ambientalismo come pensiero e movimento politico è testimoniata dalla formazione tecnico-scientifica di moltissimi dei protagonisti antichi e recenti dell’impegno per la difesa dell’ambiente: dai botanici americani che all’inizio del secolo scorso s’impegnarono per la creazione dei primi parchi nazionali, fino ai biologi, ai fisici, agli economisti “padri fondatori” trent’anni fa dell’ecologia politica.
Punte avanzate della “società della conoscenza”, la ricerca e la scienza sono strumenti indispensabili per realizzare la riconversione ecologica delle produzioni e dei consumi, e in particolare in Paesi come l’Italia sono risorse decisive per costruire un futuro economicamente solido e ambientalmente sostenibile.

Contro ogni fondamentalismo

Per Legambiente è prioritario che sia dato nuovo slancio alla ricerca italiana, in particolare al sistema della ricerca pubblica, ed è altrettanto urgente rilanciare le ragioni di un dialogo forte tra comunità scientifica e mondo ambientalista, un dialogo certo che non rimuova ma anzi affronti di petto le difficoltà e le incomprensioni manifestatesi in questi anni.
Noi riteniamo che occorra superare il fondamentalismo di chi, tra gli ambientalisti, tende a rappresentare gli scienziati come “nemici”. Questo atteggiamento fa leva su paure irrazionali ed ancestrali — il timore della “intrusione” nel nostro corpo e nella nostra mente e della perdita d’identità — e sul “mito del ricordo” che identifica il passato con un Eden immaginario. Su di esso, inoltre, influiscono negativamente i mezzi di comunicazione di massa, che utilizzano la paura e l’orrore come uno dei mezzi principali per catturare l’attenzione del pubblico, e anche l’approccio “fideistico” di troppi scienziati e tecnologi, che inevitabilmente aumenta la diffidenza verso la scienza e le sue applicazioni.
Con altrettanta forza, però, vanno contrastate le campagne strumentali o disinformate di quanti descrivono l’ambientalismo come una cultura nemica della scienza, del progresso, giungendo per questa via a negare l’evidenza scientifica di problemi globali come l’aumento dell’effetto serra e le sue origini antropiche, o di rischi ambientali come la produzione di energia attraverso la fissione nucleare (esemplare da questo punto di vista l’offensiva lanciata dal danese Bjørn Lomborg con il suo saggio “L’ambientalista scettico”, e cavalcata anche in Italia da alcuni suoi epigoni) . Questo opposto fondamentalismo, che negli scienziati e soprattutto nei tecnologi assume talvolta toni emotivi ed irrazionali non molto dissimili da quelli di certo ambientalismo, dà spesso voce ad interessi assai forti e potenti e trova alimento nel senso di frustrazione più che legittimo di molti appartenenti alla comunità scientifica per il ruolo marginale nel quale è tenuta da sempre la ricerca in Italia.
Nel nostro Paese la scienza non ha mai goduto del prestigio e dell’attenzione che le sarebbero dovuti, e la domanda di ricerca da cui dipendono i finanziamenti — da parte dei governi ma anche delle imprese e dell’opinione pubblica in genere – é estremamente bassa: per questo scienziati e tecnologi, in lotta perenne per la sopravvivenza, tendono spesso a rifugiarsi dietro baluardi fatti di certezze assolute, dietro una visione assiomatica e determinista della scienza, e però queste reazioni finiscono per rafforzare nell’opinione pubblica quella immagine degli scienziati come apprendisti stregoni che è proprio una delle cause della fragilità del sistema della ricerca scientifica in Italia.