Legambiente presenta il dossier Spiagge indifese, una fotografia dello stato di salute delle coste italiane e, in particolare, dei processi di erosione che minacciano il litorale.
Secondo il Rapporto del 2006 su Lo Stato di salute dei litorali italiani, curato da Enzo Pranzini dell’Università di Firenze e ad oggi il quadro più aggiornato a livello nazionale, in Campania su 224 km di spiaggia 95 km sono in erosione pari al 42,4%. E davanti a questi numeri incombe grande progetto di artificializzazione su 30 km di costa nel Golfo di Salerno, del tratto di costa della Piana del Sele compreso tra la Foce del Picentino e quella del torrente Fiumarello con barriere rigide costituite da 42 pennelli e 17 celle costruiti con blocchi di roccia provenienti da cave dell’entroterra. L’artificializzazione di 30 chilometri della costa salernitana – denuncia Legambiente – si concretizza nell’impiego di circa 1.200.0000 tonnellate di massi di calcarei provenienti da cave a terra. Per il loro trasporto necessiteranno oltre 75.000 viaggi di camion di grossa portata i quali dovranno percorrere più di 13 milioni di chilometri per un consumo di gasolio complessivo di almeno 4 milioni di litri che corrisponde ad almeno 2500 Tonnellate di CO2 emessa.
Un approccio obsoleto ed in contrasto con i principi di tutela della costa. A nulla sono valse purtroppo le osservazioni, le critiche, non solo delle associazioni ma anche di altri Enti presenti sul territorio, e le proposte alternative per fermare questo scempio. “Un intervento – commenta Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico Legambiente Campania – non supportato da una pianificazione costiera complessiva e da un attento studio della dinamica della costa e del fenomeno erosivo, che porterà non solo ad una profonda trasformazione del litorale, con gravi impatti ambientali anche in termini di qualità delle acque di balneazione, ma anche di sicurezza, visto che le barriere creano correnti che possono essere causa di annegamenti o pericoli per i bagnanti. Al contrario si dovrebbe intervenire delocalizzando strutture e infrastrutture nei punti più critici, riattivando il trasporto solido del fiume Sele e degli altri corsi d’acqua, oggi impedito da opere idrauliche in alveo o sui versanti non sempre necessarie, ripristinando le sabbie perse con ripascimenti prelevati da depositi di mare profondo ed estendendo la tutela e la protezione delle fasce dunali come tutela della spiaggia stessa, oltre che come elemento di riqualificazione ambientale del litorale.