Le richieste avanzate dalle associazioni nel corso dell’audizione alla commissione Ambiente alla Camera nell’ambito dell’esame del decreto sulle emergenze ambientali.

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Considerazioni generali

 

Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri ha come finalità principale quella di risolvere la problematica della Terra dei Fuochi soprattutto riguardo agli aspetti sanitari e ambientali e, in aggiunta, per far fronte alle ripercussioni economiche gravanti in particolare sull’agricoltura campana.

Riteniamo innanzitutto che detti condivisibili obiettivi debbano essere perseguite esclusivamente attraverso vie ordinarie piuttosto che ricorrendo a commissariamenti che, come il passato della emergenza rifiuti in Campania insegna, hanno rappresentato l’emblema del fallimento e hanno condotto ad una caduta verticale pervasiva della credibilità delle istituzioni per i cittadini. I commissariamenti, infatti, da un lato tendono a dilatare sine die i tempi di risoluzione delle problematiche per le quali sono istituiti, dall’altro deresponsabilizzano i soggetti istituzionali ordinariamente competenti, impedendo loro lo sviluppo di una adeguata capacità istituzionale. Anche se la problematica fosse risolta dai commissariamenti, quindi, paradossalmente non sarebbe possibile trasferire il testimone ai soggetti ordinariamente competenti in quanto non in grado di gestirlo. Il contributo che lo Stato deve dare va pertanto necessariamente improntato all’affiancamento ed al supporto dei soggetti territoriali con competenza ordinaria, piuttosto che alla sostituzione agli stessi, in modo che possano perseguire, attraverso le più celeri ed efficaci modalità, la risoluzione della problematica e sviluppare le competenze utili.

Nel merito, sarà importante assicurare il massimo contenimento dei tempi di esecuzione delle attività di controllo e monitoraggio così come di quelle di bonifica. Al fine di consentire la compiuta individuazione e delimitazione dei terreni agricoli che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare. Sarà necessario comunque integrare alle indagini “da remoto” quali il telerilevamento (citato all’articolo 1 del decreto), quelle “in campo” quali le analisi di terreni e acque; in pratica si dovranno condurre procedimenti analoghi a quelli connessi alle bonifiche, così come codificati nella normativa vigente, ascrivibili in particolare ai cosiddetti processi di “caratterizzazione” e di ”analisi del rischio”.

Comunque, sebbene fino ad oggi si sia assistito in generale ad una estrema dilatazione dei tempi di esecuzione degli interventi e per quanto i termini stringenti disposti col Decreto possano essere più che auspicabili, occorre vi sia piena consapevolezza che, a meno non siano già disponibili i dati relativi al monitoraggio, sia da remoto che in campo, è inimmaginabile si possa addivenire in appena 60 giorni alla individuazione e delimitazione dei terreni agricoli prioritari che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare.

Pertanto, atteso che le procedure e i processi per la realizzazione delle bonifiche, ma anche quelli relativi alla individuazione e delimitazione dei terreni agricoli che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare richiedono tempi di attuazione medio lunghi, è necessario che il Decreto preveda anche iniziative di mitigazione del rischio sanitario che abbiano efficacia nel breve termine. Allo scopo, si dovrebbe prevedere in chiave integrativa un intervento strutturato e diffuso di informazione in favore della collettività interessata dalla problematica, definendo linee di indirizzo di carattere comportamentale, inerenti le abitudini alimentari o gli stili di vita al fine di minimizzare le possibilità di trasmigrazione degli inquinanti fino all’uomo.

Altro aspetto non meno importante è la necessità di garantire trasparenza e informazione tempestiva ai cittadini sui risultati e sui criteri utilizzati per individuare i siti idonei e non idonei alle attività agricole. Dovranno essere previsti anche adeguati strumenti di partecipazione e di monitoraggio civico, sia nella fase di elaborazione dei diversi programmi d’intervento che durante la loro realizzazione.

Vista la significativa sovrapposizione della problematica della Terra dei Fuochi a quella delle bonifiche, occorre ricordare che oggi si registra un fortissimo ritardo nella realizzazione degli interventi nell’ex SIN “Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano” istituito nel 1998, in cui ricade la Terra dei Fuochi, da imputare allo Stato (competenza del Ministero dell’Ambiente). Infatti, sulla base dei dati disponibili, aggiornati con la proposta di Piano Regionale delle Bonifiche della Campania al settembre 2010, lo stato di avanzamento per i quasi 2.000 siti potenzialmente contaminati censiti nell’ambito del SIN risulta: per circa il 75% non è stata svolta alcuna attività, per circa il 3% sono state svolte le “attività preliminari”, per circa il 21% è stata svolta la “caratterizzazione”, per circa l’1% è stata svolta l’”analisi del rischio” e per lo 0,2% sono stati svolti gli interventi di bonifica. Inoltre, nel complesso i siti sono ripartiti tra un 95% di proprietà privata (cui spettano gli oneri di bonifica) e un 5% di proprietà pubblica. Uno dei primari fattori limitanti per le bonifiche è sicuramente connesso ai casi in cui il sito contaminato è di proprietà privata, in quanto implica l’avvio di procedure particolarmente complesse. Infatti, qualora sia individuato il responsabile dell’inquinamento vanno esperite le procedure di ingiunzione della attuazione della bonifica, ovvero la stessa va realizzata in surroga per poi procedere alla rivalsa nei confronti del responsabile con le intuibili incertezze sull’effettivo recupero dei costi sostenuti. Diversamente, se si individua per il sito contaminato un proprietario non responsabile dell’inquinamento, la normativa vigente non consente di imporgli alcun obbligo di bonifica. Si rimanda dunque all’Ente Pubblico competente, Regione o Ministero dell’Ambiente, l’iniziativa e gli oneri degli interventi, fatta salva la possibilità di rivalsa, quanto mai improbabile, nei confronti dell’effettivo responsabile dell’ inquinamento stesso. Al proprietario che non sia responsabile dell’inquinamento, comunque, è data la facoltà di provvedere direttamente alla bonifica al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area (sotto l’aspetto di “onere reale” e di “privilegio speciale immobiliare” e, quindi, l’esproprio di fatto).

D’altra parte, in termini di inerzia la Regione non è stata da meno in quanto in questi anni non ha attuato adeguate politiche territoriali volte alla prevenzione ed al contrasto dei fenomeni della Terra dei Fuochi, nonostante gli stessi fossero noti e venissero denunciati già da decenni (lo stesso termine “Terra dei Fuochi” fu infatti coniato da Legambiente dieci anni fa in occasione del rapporto Ecomafia 2003). Inoltre la Regione stessa non ha assicurato le precondizioni necessarie alla gestione delle bonifiche, poiché ad oggi non risulta ancora vigente alcun Piano Regionale delle Bonifiche. Infine l’amministrazione regionale non ha posto le condizioni affinché l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPAC), che ha un ruolo prioritario in quanto ente strumentale della rete agenziale nazionale operante sul territorio, possa effettivamente realizzare le attività cui è preposta. Tra le cause principali del problema la sua endemica debolezza strutturale quantitativa e qualitativa, quanto a risorse umane, finanziarie e strumentali. Infatti allo stato attuale l’agenzia non è in grado di svolgere neanche le attività obbligatorie di competenza per la sua gestione troppo legata alla politica regionale e quindi giudicata non sempre imparziale e viene purtroppo ritenuta di scarsa credibilità da parte dei cittadini; sconta lo scotto della precarietà del 50% del personale; è oltremodo penalizzata dal recente decadimento del direttore generale dopo la reiterata denuncia di irregolarità e un lungo e controverso contenzioso.

Oltre alle competenze delle amministrazioni ed agenzie regionali deve essere dato un impulso all’azione di controllo delle Province. Nell’ambito più ampio delle loro competenze i diversi settori amministrativi spesso si trovano in estremo ritardo nella gestione del ciclo dei rifiuti, nelle azioni di controllo e contrasto agli illeciti ambientali e soprattutto nella gestione delle autorizzazioni legate al ciclo delle acque sotterranee con un conseguente elevato numero di evasioni e quindi di utilizzo di pozzi non autorizzati soprattutto in agricoltura.

Il Decreto, per il ruolo fondante attribuito alle Istituzioni Statali risulta in contraddizione con la recente derubricazione dell’area da SIN (Sito di Interesse Nazionale), per il quale l’amministrazione competente è il Ministero dell’Ambiente, a SIR (Sito di Interesse Regionale), per il quale l’amministrazione competente è invece la Regione. Proprio al riguardo, ritenendo incoerente la derubricazione a SIR, Legambiente ha presentato ricorso in sede di giustizia amministrativa.

Ancora, in concomitanza alle attività previste nel Decreto va valutata l’opportunità di includere una azione sul fronte della Sanità volta a colmare il riconosciuto divario esistente rispetto ad altre regioni nella efficacia delle attività di prevenzione svolte dalla rete di presidi che va dai medici di base alle strutture ospedaliere. Vanno evidentemente avviate azioni di verifica e controllo sistematici volti anche a rendere trasparenti le attività del settore sanitario in Campania.

Sul fronte dei reati ambientali chiediamo al governo e al parlamento che dopo l’introduzione del reato di combustione dei rifiuti con la stessa celerità si approvi l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale. Una riforma di civiltà attesa da anni grazie alla quale, accanto al delitto già in vigore di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, diventerebbero finalmente legge quelli di inquinamento ambientale, frode in materia d’ambiente, danneggiamento delle risorse ambientali, alterazione del patrimonio naturale e di disastro ambientale, insieme all’obbligo di bonifica e, ove possibile, di ripristino dei luoghi compromessi, a carico del condannato.

Dopo tante parole sul caso della Terra dei fuochi, è ora necessario cambiare passo, per ridare futuro ai territori della Campania saccheggiati dall’ecomafia e restituire speranza a chi è impegnato a salvaguardare e promuovere l’economia pulita e di qualità dell’intero territorio regionale.

Oltre le considerazioni generali sopra riportate, fanno seguito alcune richieste di integrazione e modifica puntuale al testo del decreto in discussione, riportando per ciascuna la motivazione per cui è stata proposta:

Art. 1

Comma 1 – primo periodo:

dopo le parole “Istituto superiore di sanità” aggiungere “l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia”

MOTIVAZIONE:  L’INGV svolge già da diversi anni un’attività di indagine e monitoraggio per individuare le zone utilizzate per smaltimenti illeciti di rifiuti pericolosi, interramenti di fusti tossici o discariche occultate nel sottosuolo. Negli anni ha collaborato con le Forze dell’ordine che svolgono indagini in questo campo, con diverse procure e con le Istituzioni nazionali, regionali e locali. Negli ultimi anni sta portando avanti anche un’attività di indagine in provincia di Caserta in accordo con la procura di Santa Maria Capua Vetere. Per questo ci sembra fondamentale un suo coinvolgimento nelle attività previste dal decreto.

Comma 1 – primo periodo:

dopo le parole “anche mediante indagini di telerilevamento” aggiungere “in associazione a quelle geofisiche e a quelle analitiche da eseguire direttamente in campo”

dopo le parole “dei terreni” aggiungere “e delle falde”

MOTIVAZIONE:  Ai fini del monitoraggio e dell’individuazione e delimitazione dei terreni che non possono essere destinati ad attività agricole si prevedono solo indagini “da remoto” attraverso attività di telerilevamento. Non si fa invece nessun cenno a monitoraggi o analisi di tipo chimico-fisico o biologico sui suoli o sui prodotti agricoli e non si cita mai il problema delle falde utilizzate per le attività agroalimentari nella zona, nonostante siano matrici fondamentali per la determinazione dell’inquinamento e soprattutto del rischio connesso.

Integrare le disposizioni previste all’articolo 1 anche con misure che abbiano efficacia nell’immediato e comunque nel breve termine.

MOTIVAZIONE:  Atteso che le procedure e i processi per la realizzazione delle bonifiche richiedono tempi di attuazione medio lunghi, è ragionevole puntare ad una strategia che possa avere elementi di efficacia anche nel breve termine, nell’immediato. Allo scopo si dovrebbe   prevedere a carattere integrativo un intervento di informazione in favore della collettività interessata dalla problematica definendo linee di indirizzo di carattere comportamentale, inerenti le abitudini alimentari, gli stili di vita, al fine di minimizzare le possibilità di trasmigrazione degli inquinanti fino all’uomo. Ad esempio, é noto che nelle aree in questione cittadini più o meno inconsapevolmente utilizzano acque per il consumo umano non idonee provenienti da pozzi privati invece che da acquedotto (in taluni casi si verifica addirittura la immissione di acque di pozzi privati in quelle di acquedotto), ovvero che consumano prodotti agricoli irrigati con acque di pozzo di incerta idoneità o animali allevati ricorrendo all’abbeveraggio con le stesse acque, o alimenti prodotti da animali tenuti al pascolo in aree presumibilmente oggetto di deposizione/sversamento di inquinanti,  ecc.. Al riguardo, rendendo i cittadini, in qualità di consumatori o di (piccoli o auto) produttori delle aree della Terra dei Fuochi quanto più consapevoli possibile dei fattori e dei meccanismi di rischio a cui possono essere sottoposti si potrà da subito perseguire l’obiettivo fondante relativo alla sicurezza sanitaria (tipologia di attività evidentemente da attivare in qualsiasi SIN o area a rischio). D’altro canto, tendenzialmente i produttori agricoli più strutturati (aziende o aggregati consortili) sono ordinariamente impegnati nel controllo dei processi produttivi in ragione delle stringenti condizioni sulla qualità dei mercati a cui afferiscono (soprattutto esteri e della GD) per cui quando non asserviti da acquedotti irrigui provvedono in autonomia al controllo delle acque emunte in proprio.

 

Comma 5 – primo periodo:

Dopo le parole “una relazione con i risultati delle indagini svolte e delle metodologie usate” aggiungere “Rendendo pubblici i criteri di definizione dei terreni prioritari e non prioritari”.

MOTIVAZIONE:  oltre i dati e la tipologia di indagine che ha portato all’interdizione agli usi agricoli di un determinato terreno, è importante esplicitare quali sono i criteri utilizzati, in modo da completare l’informazione, adottare valutazioni uniformi su tutto il territorio regionale e favorire comportamenti e misure corrette per affrontare e risolvere la situazione.

Art. 2 Comma 1 – 2

L’impianto previsto dal presente articolo, che riporta di fatto le competenze in mano allo Stato, mal si concilia con la recente derubricazione a SIR (decreto del ministero dell’ambiente dell’11 gennaio 2013)  di alcuni SIN campani (attualmente solo Bagnoli e Napoli Orientale sono rimasti Sito di interesse nazionale). Tra i siti ritornati di competenza della Regione c’è anche l’ex SIN “Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano”, in cui ricade la Terra dei Fuochi. Si palesa pienamente quindi la necessità di configurare l’area di nuovo come SIN..

Art. 2 comma 1bis

1bis. Nella determinazione degli indirizzi di cui al comma precedente, il Comitato interministeriale garantisce attraverso consultazioni pubbliche la partecipazione di cittadini, comitati e associazioni dei territori interessati.

MOTIVAZIONE: Si tratta di garantire, attraverso procedure che saranno definite dallo stesso Comitato interministeriale, la necessaria e più volte richiesta partecipazione dei cittadini dei territori interessati all’intero processo decisionale. Non va dimenticato, infatti, che è stato proprio grazie alla straordinaria mobilitazione di comitati e associazioni dei territori interessati se la ventennale vicenda della cosiddetta Terra dei fuochi è tornata d’attualità. Una partecipazione ampia che è sostanzialmente all’origine anche di questo provvedimento legislativo.

Art. 2 comma 4

Al primo periodo, dopo le parole “avvalendosi della collaborazione degli enti di cui all’articolo 3, comma 1”,  inserire le parole “e garantendo procedure di consultazione pubblica”

Al secondo periodo cancellare la frase “ovvero attraverso la nomina di un commissario straordinario, ai sensi dell’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n.400.”

 

MOTIVAZIONE:  Il primo emendamento è finalizzato a garantire la partecipazione di cittadini, comitati e associazioni come già previsto nel comma relativo al Comitato interministeriale. La nomina di un Commissario, invece, comporterebbe una gestione straordinaria e di emergenza della situazione non auspicabile. Riteniamo invece che in merito all’individuazione dell’inquinamento e dei conseguenti interventi di bonifica debba essere il Ministero dell’Ambiente l’amministrazione competente a svolgere il coordinamento e il controllo sugli interventi. Per far questo è però necessario, e quanto mai urgente, riconfigurare come Sito di Interesse Nazionale l’area “Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano” in cui ricade la “Terra dei Fuochi” contro la cui derubricazione a Sito d’interesse regionale è già stato presentato ricorso da Legambiente.

Art. 2 comma 6

In ragione della necessità di riconfigurare l’area come SIN non è condivisibile il completo disimpegno economico dello Stato, visto che per sostenere i costi degli interventi si attinge esclusivamente a risorse già destinate al sostegno della regione (POR 2007-2013 e 2014-2020, Fondo Coesione), finanche per il  completamento delle attività di telerilevamento (100mila euro per il 2013 e 2.9milioni peri l 2014) già in parte svolte a valere su fondi nazionali (PON).

Si sottolinea inoltre, sulla base di quanto riportato nella relazione illustrativa dell’articolo, che tali ultimi importi pur compatibili con i costi di indagini da remoto quali il telerilevamento, non appaiono verosimili a fronte dei costi attribuiti alle indagini in campo geofisiche vista l’estensione del territorio cui sarebbero riferite. D’latro canto, non si contemplano in alcun modo i costi relativi alle indagini in campo relative alle analisi sui suoli, sui prodotti agricoli e sulle acque superficiali e di falda utilizzate per l’irrigazione.

 

Art.3

Inserire con un apposito emendamento i due delitti ambientali così come previsti dal testo unificato approvato lo scorso 18 dicembre dalla Commissione giustizia della Camera dal titolo:Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente e l’azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale. Testo unificato delle proposte di legge C. 957 Micillo, C. 342 Realacci e C. 1814 Pellegrino”

MOTIVAZIONE: L’emendamento proposto permette di ottenere il riconoscimento dei reati ambientali, oltre  quello di combustione dei rifiuti, già con la conversione in legge del decreto in discussione, in maniera più rapida rispetto alla predisposizione di un nuovo testo normativo.

Infatti se è positiva la previsione puntuale della rilevanza penale degli illeciti legati ai roghi, va ribadito che occorre anche lavorare per arrivare quanto prima ad un atto  normativo compiuto che contempli più diffusamente la fattispecie dei reati ambientali sotto il profilo penale (abbandono, sversamenti, etc..). Infatti oggi il 152/2006 (art.260) prevede la condanna con reclusione solo per chi compie attività illecite di rifiuti in maniera organizzata (attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative e organizzate). Rimane in questo modo impunito ad esempio il singolo criminale che sversa un fusto di sostanze inquinanti direttamente in falda o abbandona rifiuti pericolosi nell’ambiente.

 

Art. 3 Comma 7 (indicato con il numero 2 , di seguito al comma 6)

Si richiede l’abrogazione del comma

MOTIVAZIONE: Con il primo anno e mezzo di monitoraggio intrapreso all’indomani della stipula del “Patto per la Terra dei fuochi” già si sono visti i primi importanti risultati in termini di lotta alle illegalità. Si tratta, ora, di dare concreta attuazione a quanto previsto dal Patto e di segnare davvero una netta e decisa inversione di tendenza rispetto ad anni di totale abbandono di questi territori da parte delle istituzioni.

Il “Patto per la terra dei fuochi” è infatti un importante e innovativo strumento che vede il coinvolgimento di tanti e diversi soggetti, dalla Prefettura, al Governo, alle amministrazioni locali, alle associazioni e ai cittadini. Rappresenta quindi un’occasione importante per sconfiggere i fenomeni di illegalità, soprattutto pensando alla sua pervasività nei contesti sociali.

Prevedere un intervento dell’esercito non serve a risolvere il problema (viste anche le recenti esperienze connesse con la gestione dell’emergenza rifiuti in Campania) e soprattutto rischia di compromettere l’impianto e la buona riuscita di questo strumento e di  ostacolare il ruolo deterrente della cittadinanza attiva verso gli illeciti.

 

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