Goletta dei Fiumi è l’iniziativa promossa da Legambiente Campania nata per monitorare lo stato di salute dei maggiori fiumi della regione con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione sul completamento delle infrastrutture depurative, sul controllo del territorio per impedire lo sversamento illecito di scarichi non depurati e sul rischio idrogeologico. Novità di quest’anno sarà anche l’impegno sull’inquinamento da microplastiche, altro fenomeno che mette in serio pericolo i bacini idrografici.

La campagna di Legambiente, realizzata tra il 2017 e il 2018 con il sostegno del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Sele, la collaborazione dell’Associazione Ortofrutticoltori Agro e dei partner tecnici Hach e Apolab Scientific oltre che del supporto scientifico del Dipartimento di Chimica e Biologia dell’Università degli Studi di Salerno, si snoderà attraverso le province di Napoli, Salerno e Avellino, monitorando oltre trenta punti in altrettanti comuni alla ricerca delle principali criticità che riguardano non solo le acque, ma gli interi ecosistemi fluviali dell’area del Bacino del Sarno, del Sele e del fiume Tusciano, con particolare attenzione al malfunzionamento o alla mancanza di sistemi di depurazione.

La novità di quest’anno è relativa alla metodologia del lavoro di indagine sulla presenza di microplastiche nelle acque dei fiumi Sarno e Sele, che sarà realizzata per la prima volta in Campania grazie alla collaborazione scientifica del CNR – Istituto per i Polimeri, Compositi e Biomateriali (IPCB). Il monitoraggio è condotto attraverso l’utilizzo di uno speciale strumento per la raccolta di campioni, una manta a strascico con una rete a maglia ultrafine, che trattiene le micro particelle (microlitter), poi analizzate in laboratorio. Negli ultimi anni numerosi sono stati gli studi finalizzati a quantificare l’abbondanza di microplastica nell’ambiente marino, mentre sono ancora relativamente pochi i dati sulla sua presenza negli ecosistemi d’acqua dolce.

Al monitoraggio scientifico si affiancheranno anche giornate di volontariato attivo con i cittadini e di sensibilizzazione nelle piazze dei principali comuni dell’area del fiume Sarno e del Sele: verrà allestito uno sportello informativo animato da mostre, banchetti e per i più piccoli attività di animazione per bambini e ragazzi delle scuole che scopriranno le buone pratiche e i comportamenti corretti da attuare ogni giorno per la tutela degli ambienti fluviali e delle risorse idriche.

 

IL DOSSIER 2017

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Il fiume Sarno continua a versare in uno stato di forte sofferenza causato da scarichi di reflui urbani e industriali non depurati, inquinamento da fertilizzanti e pesticidi dell’agricoltura e difese naturali ridotte ai minimi termini, più incoraggiante la situazione del fiume Sele e del Tusciano. Questa la fotografia delle indagini condotte da Goletta dei fiumi della Campania promossa da Legambiente. Partendo dall’esperienza di monitoraggio degli anni scorsi del fiume Sarno, Legambiente allarga le sue iniziative anche al fiume Sele e al fiume Tusciano con 33 punti complessivi di campionamento, 594 determinazioni analitiche e 12 volontari coinvolti nelle attività di prelievo campioni di acqua e analisi. La Goletta dei Fiumi insieme alle storiche campagne di Legambiente come Goletta Verde, Spiagge e Fondali Puliti rappresenta un ulteriore pratica di esperienze di monitoraggio scientifico in tutto il paese grazie ai nostri volontari e considerate da più fonti istituzionali internazionali come una delle esperienze più avanzate al mondo della citizen science.

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Il monitoraggio svolto da Legambiente, tra il 20 settembre e il 6 ottobre, non vuole assolutamente sostituirsi o compararsi con quello realizzato dall’Arpac, soggetto pubblico deputato a valutare la qualità ambientale dei fiumi secondo le articolate modalità definite dalle vigenti disposizioni di legge. Tuttavia, sebbene il monitoraggio realizzato rappresenti solo una istantanea e contempli solo alcuni indicatori, può fornire utili spunti per la ricerca delle cause dell’inquinamento nella più ampia prospettiva del perseguimento della sicurezza e della qualità ambientale come previsto dalle Direttive “Acque” e “Alluvioni”.

“I dati del monitoraggio e le ulteriori informazioni raccolte evidenziano la necessità di un cambio di rotta nelle politiche e negli approcci adottati ad oggi per questi tre bacini. Non è più sufficiente- commenta Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico Legambiente Campania-  mettere in atto iniziative estemporanee, volte solo a stare dietro le emergenze e spesso poco coerenti con gli obiettivi di qualità fissati in condivisione in ambito comunitario. Occorre passare dalla giustapposizione di interventi non integrati tra loro alla pianificazione e coordinamento degli interventi strutturali e delle attività gestionali in coerenza con i principi di sostenibilità, da parte di tutti gli enti e soggetti che hanno competenza.  Anche se in diverso grado, i tre fiumi indagati evidenziano diffuse criticità ecologiche, sia sotto l’aspetto della qualità delle acque sia della qualità morfologica e biologica, che si frappongono al raggiungimento dello stato di qualità buono richiesto al 2015.  Per controvertire la situazione – conclude Chiavazzo di Legambiente-si dovrà in particolare porre rimedio alla carenza depurativa, sia in termini gestionali sia strutturali, che purtroppo determina lo sversamento di rilevanti carichi inquinanti di origine civile e produttiva; alla manomissione e degradazione degli ambiti perifluviali, le fasce che affiancano gli alvei, sottoposte a tagli della vegetazione e riduzione dell’estensione laterale e longitudinale; alla manomissione e degradazione degli alvei, arginati, cementificati, artificializzati, con opere di fondo e laterali; alle disfunzioni derivanti dalla impermeabilizzazione ed artificializzazione dei suoli in ambito urbano e agricolo; agli afflussi di inquinanti diffusi, in particolare nutrienti, derivanti dal settore agricolo. “

Allo scopo- commenta Legambiente- oltre al rispetto delle disposizioni di legge a tutela dell’ambiente sarà opportuno avviare processi di coordinamento e condivisione di impegni aggiuntivi da parte di tutte le parti, dalle pubbliche amministrazioni ai privati al fine di creare diffuse sinergie e convergenze per una riqualificazione fluviale. Tra gli strumenti che più si prestano a perseguire tali scopi sicuramente il più confacente è il Contratto di Fiume, un “sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale”, uno strumento volontario di pianificazione e programmazione strategica e negoziata che persegue la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche, la valorizzazione dei territori fluviali, il contenimento del degrado eco-paesaggistico unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, attraverso processi partecipativi dei territori.

Eppure da tempo l’Europa richiama l’Italia ad avere corsi d’acqua in buono stato. Nel 2015 è scaduto il termine per il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dalla direttiva 2000/60, in termini di conseguimento (o mantenimento) del “buono stato ecologico” per tutti i corpi idrici.

“Ad oggi però circa il 60 per cento delle acque dei fiumi italiani si trova in uno stato di qualità insufficiente e un italiano su quattro non è servito da adeguata depurazione – sottolinea Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente –. I ritardi in questo settore costano multe salatissime all’Italia. Soldi che potrebbero essere spesi per mettere finalmente fine all’emergenza depurativa. Bisogna cambiare rotta e per far questo serve soprattutto la volontà politica di rimettere i fiumi e i territori fluviali al centro. Una corretta gestione della risorsa idrica deve prevedere azioni e strumenti che coinvolgano e responsabilizzino cittadini, associazioni, consorzi di bonifica, realtà agricole e industriali, gestori del servizio idrico, enti e amministrazioni locali. Con l’obiettivo comune di coniugare la qualità dei corpi idrici con la mitigazione del rischio, la riqualificazione dei corsi d’acqua e del territorio e lo sviluppo socio economico delle comunità locali”.

Approfondimenti:

 

Gallery Fotografica

foto a cura di Anna Paola Montuoro

 

Goletta dei fiumi campani 2017

“Goletta dei fiumi è la prima esperienza di monitoraggio volontario degli ambienti fluviali da parte dei cittadini, un approccio originale per avvicinare le comunità alla conoscenza e alla tutela di questi ecosistemi – dichiara Antonio Giannattasio, della Segreteria di Legambiente Campania -. Il nostro obiettivo è coinvolgere i cittadini in iniziative di sensibilizzazione, per scoprire come il rispetto del territorio sia il primo passo per difendere territori di straordinario valore paesaggistico e ambientale, storico e culturale ed agroalimentare.  Vogliamo in questo modo mantenere alta l’attenzione sulle problematiche dei fiumi campani, provando a fornire informazioni utili e sollecitare tante amministrazioni affinché pongano concretamente tra le loro priorità la depurazione degli scarichi reflui urbani e industriali, la mitigazione del rischio idrogeologico e contribuire così allo sviluppo sociale ed economico di queste aree”.

“La Piana del Sele si è imposta in Italia come una delle aree più all’avanguardia del Paese per i risultati in agricoltura e la valorizzazione della risorsa acqua – spiega il presidente del Consorzio di Bonifica Destra Sele, Vito Busillo –. Attraverso la campagna di Legambiente vogliamo contribuire a sensibilizzare i cittadini per il miglioramento del livello qualitativo dell’ambiente del nostro territorio. Un’attività che si affianca alle tante che il Consorzio già porta avanti per la prevenzione di ogni tipo di inquinamento, il contenimento dei danni ambientali inevitabili provenienti da causa di forza maggiore, il rispetto rigoroso della normativa vigente in tema di sicurezza ambientale per favorire lo sviluppo sostenibile dell’area della Piana del Sele”.

Ad oggi, ricorda Legambiente, le acque dei nostri fiumi si trovano in uno stato di qualità insufficiente rispetto ai traguardi indicati dalle direttive europee. Nel 2015 è scaduto il termine per il raggiungimento degli obiettivi ambientali previsti dalla direttiva 2000/60, in termini di conseguimento (o mantenimento) del “buono stato ecologico” per tutti i corpi idrici. Ritardi che, insieme a quelli sulla depurazione, oltre ad avere gravi conseguenze sugli ecosistemi fluviali, costeranno multe salate per via delle procedure di infrazione attivate da parte dell’Europa nei confronti del nostro Paese. I dati Arpac relativi ai controlli analitici svolti nel 2016 sulle acque in uscita dagli impianti di depurazione, sebbene non realizzati su tutti gli impianti e in numero adeguato, evidenziano appieno quanto sia critica la situazione. Su base regionale ben il 38% dei controlli è risultato “non conforme”, con punte di non conformità del 70% per gli impianti della provincia di Avellino e a seguire del 66% per quelli della provincia di Salerno, 52% per la provincia di Benevento, 27% per la provincia di Caserta e 22% per la provincia di Napoli.