Delocalizzazione, laddove possibile, e un grande piano di manutenzione ordinaria del territorio sono le ricette per una Campania sicura.

maltempoIl primo pensiero è rivolto ai familiati delle vittime del maltempo e alle popolazioni colpite. Basta con la Campania della paura e della perenne emergenza. Con le prime piogge autunnali, anche se eccezionali, si ritorna ad aver paura e scatta l’emergenza con le immancabili conseguenze drammatiche. Informazione, prevenzione e delocalizzazione, laddove è possibile e un grande piano di manutenzione ordinaria del territorio sono le ricette per una Campania sicura.

Sono 504 i comuni campani in cui sono presenti zone ad elevata criticità idrogeologica, l’estensione di tali aree esposte a rischio è pari a oltre 2.598 kmq (cioè circa il 19% della superficie dell’intera regione). Si stima che sono oltre 500mila i cittadini campani che risiedono in zone esposte a rischio idrogeologico.

“E’ fondamentale – spiega Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania – che tutti i comuni classificati a rischio si dotino di piani di protezione civile funzionali, informando e addestrando i cittadini sui comportamenti da tenere in caso di emergenza. Questo è l’unico modo per fronteggiare nell’immediato l’estrema diffusione della problematica del rischio idrogeologico e quindi per salvaguardare le vite umane esposte. A tal proposito ci aspettiamo che i sindaci campani siano pronti a gestire le emergenze idrogeologiche con gli strumenti di prevenzione di cui si sono dotati, piani di emergenza, strutture operative comunali, attività di informazione e addestramento delle comunità interessate dai problemi, in quanto beneficiari della programmazione di ben 15 milioni di euro di Fondi Comunitari destinati allo scopo da parte della Regione Campania”.

La Campania bocciata sui Piani di Protezione Civile: fanalino di coda in Italia con solo il 39% dei comuni dotati di un piano sul rischio idrogeologico

La regione risulta, inoltre, maglia nera in Italia per i piani di protezione civile sul rischio idrogeologico. Secondo l’aggiornamento sullo stato dell’arte nazionale sui piani di protezione civile del dipartimento di Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al 18 settembre 2015 in Campania solo il 39% dei comuni ha il piano di prevenzione. Davanti ad eventi che si presentano con sempre maggiore frequenza ed intensità, è necessario che le amministrazioni locali deficitarie si adoperino per mettere a regime le attività non strutturali di prevenzione, come d’altra parte dispone la Direttiva Alluvioni dell’UE. Nessun alibi per le Ammnistrazioni campane visto che sono beneficiarie della programmazione di ben 15 milioni di euro di Fondi Comunitari destinati proprio da parte della Regione Campania per gestire le emergenze idrogeologiche con gli strumenti di prevenzione: piani di emergenza, strutture operative comunali, attività di informazione e addestramento delle comunità.

Ai cittadini campani chiediamo di attivarsi in prima persona cercando sul sito dell’Autorità di Bacino in cui ricade il proprio comune le carte del rischio/pericolosità idraulica e da frana e verificare se la propria dimora vi ricada o meno. Nel caso vi ricada invitiamo a contattare i presidi comunali di protezione civile e richiedere di essere avisati e di ricevere indicazioni sui comportamenti da tenere in caso di allerta meteo.

Regioni/Province Autonome Totale comuni Comuni con piano % Comuni con piano/totale
Campania 551 214 39%
Lazio 378 153 40%
Sicilia 390 190 49%
Calabria 409 219 54%
Sardegna 377 233 62%
Liguria 235 172 73%
Lombardia 1.544 1.209 78 %
Toscana 280 230 82%
Emilia-Romagna 340 294 86%
Veneto 581 497 86%
Basilicata 131 120 92%
Piemonte 1.206 1.119 93%
Puglia 258 242 94%
 Abruzzo 305 299 98%
Umbria 92 91 99%
Friuli Venezia Giulia 218 218 100%
Marche 239 239 100%
Molise 136 136 100%
Provincia Autonoma di Trento 210 210 100%
Valle d’Aosta 74 74 100%
Totale 7.954 6.159 77%

Maltempo, territori sempre più fragili con il riscaldamento globale

L’Italia è colpita da fenomeni atmosferici sempre più intensi, frequenti e localizzati, che ormai ogni anno provocano alluvioni, smottamenti e frane, e sono le conseguenze del riscaldamento globale in atto.
Nel nostro Paese, mettono in pericolo la vita delle persone e sotto pressione un territorio già in larga parte a rischio idrogeologico e reso vulnerabile dal crescente consumo di suolo e dagli errori di un’urbanizzazione senza regole.
Solo a contare quanto accaduto in città, sono circa 140 i principali fenomeni meteorologici estremi che hanno provocato danni dal 2010 a oggi (consultabili sulla mappa di Legambiente del rischio climatico nelle città italiane).

mappaclima
I danni legati alle emergenze idrogeologiche degli ultimi 16 mesi ammontano a 7,9 miliardi di euro, secondo i dati di Italia Sicura, e da maggio 2013 sono stati aperti 40 stati di emergenza, di cui 14 ancora in corso.
Ma la minaccia rappresentata dall’innalzamento della temperatura del pianeta continua a essere sottostimata e gli interventi a tutela del territorio sono prevalentemente interventi puntuali di difesa passiva, scarsamente efficaci. È indispensabile, invece, che le azioni di adattamento e la riduzione del rischio idrogeologico procedano insieme.

“E’ urgente definire un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici – dice il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezzache contenga indicazioni concrete per mettere in sicurezza le persone e adattare i territori e le città. Il nostro governo  deve cambiare le priorità di interventi e investimenti in questo senso. Perché l’intensità e l’andamento delle piogge, gli episodi di trombe d’aria e di ondate di calore stanno accelerando con il riscaldamento globale e assumendo caratteristiche in parte nuove. Le conseguenze di un ulteriore crescita della temperatura del pianeta, se non si riuscirà a contenerla almeno entro i due gradi centigradi, sono molto rischiose. Per questo è imprescindibile ridurre le emissioni di gas serra e investire per la messa in sicurezza dei territori. Due obiettivi fondamentali che devono essere fissati in modo obbligatorio nell’accordo internazionale che uscirà dalla Conferenza sul clima di Parigi”.

Per costruire una forte mobilitazione sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici in vista della COP21, Legambiente e molte altre organizzazioni hanno creato la Coalizione italiana per il clima.