Una Campania sempre più fragile e insicura, incurante dell’eccessivo consumo di suolo e del problema del dissesto idrogeologico mentre i cambiamenti climatici amplificano gli effetti di frane e alluvioni. Numeri e dati aggiornati sul rischio idrogeologico in Campania sono stati presentati da Legambiente nel dossier Ecosistema Rischio 2017, l’indagine sulle attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologicorealizzata sulla base delle risposte fornite dalle amministrazioni locali al questionario inviato ai Comuni in cui sono state perimetrale aree a rischio idrogeologico (i dati si riferiscono a 65 comuni della Campania che hanno risposto al questionario pari al 13% circa dei comuni a rischio della regione).

Nel 72% dei comuni campani intervistati si trovano abitazioni in aree a rischio. Nel 28 % sono presenti interi quartieri. Scuole o ospedali si trovano in aree a rischio nel 11% dei casi, mentre nel 20% dei comuni si trovano strutture ricettive o commerciali in aree a rischio. La costruzione scellerata non è un fenomeno solo del passato: nell’ultimo decennio il 12% dei comuni ha edificato in aree a rischio. Preoccupanti anche i dati sulla cementificazione dei letti dei fiumi: anche se il 55% dei comuni intervistati, svolge regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua e delle opere di difesa idraulica;il 6% delle amministrazioni ha dichiarato di aver “tombato” tratti di corsi d’acqua sul proprio territorio, con una conseguente urbanizzazione delle aree sovrastanti, mentre solo il 1,5% ha eseguito la delocalizzazione di abitazioni costruite in aree a rischio e il 4% la delocalizzazione di fabbricati industriali.

A pagare lo scotto di questa Campania insicura sono i cittadini esposti quotidianamente al pericolo: solo a Napoli oltre 100.000  cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o   alluvioni.Per non parlare dei danni economici causato dal maltempo e che solo nell’ultimo triennio (2013-2016), secondo i dati dell’unità di missione Italiasicura, nella nostra regione è di circa 1,1 di euro.

“I dati dell’indagine Ecosistema Rischio – spiega Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania–  evidenziano la forte discrepanza che ancora esiste tra le evidenze, la conoscenza, i danni, le tragiche conseguenze del rischio idrogeologico nella nostra regione e la mancanza di un’azione diffusa, concreta ed efficace di prevenzione sul territorio. La gestione accurata e sistematica del territorio e la formazione e informazione ai cittadini sui comportamenti da tenere in caso di frane e alluvioni, devono essere una priorità politica, a partire dall’approfondimento e dalla conoscenza del territorio e delle sue dinamiche introducendo l’elemento del rischio in tutte le politiche di gestione e di pianificazione territoriale. Piuttosto che rassegnarsi alle tragedie annunciate –conclude Chiavazzo – serve dunque muoversi su due fronti. Il primo, con efficacia immediata, a costi  sostenibili  e attuabile in tutte le aree a rischio, in grado di far salve le vite umane, consistente nella messa a regime di sistemi di previsione, allerta e allontanamento, attraverso presidi territoriali, piani di prevenzione, informazione/addestramento delle comunità coinvolte. Il secondo, di tipo strutturale con efficacia nel medio-lungo termine, con costi da programmare nel tempo, a valle di una seria pianificazione, prevedendo prioritariamente la delocalizzazione delle strutture a rischio.”

Tornando ai dati di Ecosistema Rischio 2017, il 52,3% delle amministrazioni ha dichiarato che sono state realizzate opere per la mitigazione del rischio nel proprio territorio. Nel 73% dei casi le perimetrazioni definite dai Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) sono state integrate ai piani urbanistici.

Elemento imprescindibile per tutelare la vita delle persone e la loro salvaguardia è dato da una efficace azione di prevenzione non strutturale e una cultura diffusa di Protezione Civile. Sul fronte dell’attività di prevenzione, il 78% delle amministrazioni si è dotato di un piano di emergenza comunale di Protezione Civile da mettere in atto in caso di frana o alluvione. Il 67di questi  ha dichiarato invece di aver aggiornato il proprio piano d’emergenza negli ultimi due anni. Inoltre nel 33% dei comuni ), che hanno partecipato all’indagine, sono presenti e attivi sistemi di monitoraggio finalizzati all’allerta in caso di pericolo, mentre il 58% dei comuni intervistati riferisce di aver recepito il sistema di allertamento regionale: un importante passaggio per far sì che il territorio sia informato con tempestività su eventuali situazioni di allerta e pericolo. Per quanto riguarda le attività d’informazione rivolte ai cittadini, il 43% del campione ha realizzato attività di informazione rivolte ai cittadini, mentre solo il 15% ha compiuto esercitazioni per testare l’efficienza del sistema locale di protezione civile. Una percentuale particolarmente bassa visto che i piani d’emergenza, per essere realmente efficaci, devono per prima cosa essere conosciuti dalla popolazione.

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