Vent’anni di abusi. Oltre quaranta interventi della polizia giudiziaria e condanne definitive per lottizzazione abusiva. Ma tutto inutile. Si continuava a costruire. E guadagnare. Una storia emblematica di speculazione edilizia abusiva.
Ricca, potente e di lusso. E di camorra. Il Resort Beauty Farm denominato Casale da Padeira è un residence con servizi benessere (piscina, centro massaggi, sauna e bagno turco), panificio, ristorante e una trentina di camere di lusso, costruito dove c’era il bosco, in spregio a qualsiasi legge o vincolo. Ci troviamo sulla collina dei Camaldoli, un panorama mozzafiato. Il resort, tutto abusivo, era proprietà della società Casale da Padeira Sas, i cui amministratori sono Crescenzo e Nicola Polverino, rispettivamente cugino e nipote di Giuseppe Polverino, arrestato in Spagna dopo una lunga latitanza. Il complesso viene sequestrato il 28 novembre 2012 dalla Polizia municipale di Napoli e dai carabinieri di Bagnoli, che hanno eseguito due decreti di sequestro preventivo firmati dal Gip, su richiesta del pubblico ministero Lucio Giugliano e del Procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso. Un provvedimento scaturito dal paziente lavoro investigativo degli uomini del colonnello Attilio Auricchio e del capitano Federico Scarabello.

Agli occupanti della struttura, viene imposto lo stop immediato delle attività economiche e lo sfratto entro una settimana degli alloggi. L’area su cui gli edifici sono stati realizzati, ha chiarito la nota della procura di Napoli, è sottoposta a vincolo paesaggistico. Fa parte, infatti, del piano territoriale paesistico di Agnano-Camaldoli, nonché del parco metropolitano delle colline di Napoli, ed è assoggettata a vincolo archeologico. Dopo un mese, le forze dell’ordine ritornano sul luogo del delitto. Non è cambiato nulla. Si continua a costruire e operare. È l’alba del 16 gennaio 2013 quando scatta un’operazione che coinvolge oltre 100 uomini fra Polizia municipale, carabinieri, Polizia di stato e vigili del fuoco. La struttura (circa 55.000 metri quadrati del valore di 25 milioni di euro) viene sigillata. L’ intervento della procura – che da un mese aveva anche disposto la vigilanza 24 ore su 24 al complesso edilizio – viene deciso per chiudere una lunga vicenda di abusi edilizi, cominciati nel 1982. “Il corpo di fabbrica principale del complesso edilizio, acquisito al patrimonio comunale nel 1997, non era mai entrato in possesso materiale del comune – aveva rilevato criticamente in occasione del sequestro il procuratore Fragliasso – né le numerose ordinanze di demolizione emesse nel corso degli anni erano state eseguite”.

Così le camere continuavano a essere affittate a settimana o mese ed erano prenotabili su internet. Negli anni, secondo i rilievi svolti dalla Polizia municipale, i costruttori si erano appropriati anche di particelle di terreni di proprietà di privati, mentre nei mesi scorsi erano cominciati lavori di sbancamento per realizzare una bretella di collegamento tra il versante della collina dei Camaldoli, dove sorge il complesso edilizio, e il quartiere di Pianura. Uno scempio edilizio di portata immane, che ha cambiato, forse per sempre, l’aspetto della collina. Sono stati disboscati castagneti, aperte strade, sversate tonnellate di rifiuti inerti ormai difficilmente recuperabili. L’obiettivo della procura è ora quello di arrivare rapidamente al processo e ottenere quelle condanne che consentirebbero la confisca del complesso. I difensori dei Polverino, che pure avevano presentato ricorso al Riesame contro il sequestro, hanno poi deciso di rinunciarvi.

Dal Rapporto ecomafia 2013 di Legambiente