Legambiente sui verbali del pentito Schiavone: “Trascorsi 17 anni da quella Commissione, e la politica bipartisan non è riuscita ad approvare introduzione dei delitti ambientali nel codice penale. Basta! O dovremmo aspettare altre 17 anni?”.

Leggi il dossier di Legambiente “Radiografia di un ecocidio”

Da quella commissione bicamerale sono trascorsi ben diciassette anni. Si sono succeduti governi di ogni colore politico e una cosa li accomuna: una decisione bipartisan quella di non aver mai voluto approvare l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale. Le parole sono stanche, non vogliamo grandi annunci, né  procedure straordinarie, chiediamo, in particolare al parlamento l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale, con l’approvazione disegno di legge già licenziato dal governo Prodi nel 2007 e ripresentato anche in questa legislatura dal presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci. Si tratta di articoli lungamente discussi e approfonditi, che consentono alla magistratura e alle forze dell’ordine di intervenire in maniera adeguata: s’introdurrebbero così finalmente, accanto al delitto già in vigore di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, quelli di inquinamento ambientale, frode in materia d’ambiente, danneggiamento delle risorse ambientali, alterazione del patrimonio naturale e di disastro ambientale, insieme all’obbligo di bonifica e, ove possibile, di ripristino dei luoghi compromessi, a carico del condannato. Una riforma di civiltà non piu’ rinviabile: la lotta alle mafiesignifica difesa dell’ambiente, della salute e dell’economia e viceversa. Dobbiamo aspettare altri 17 anni per capirlo? La richiesta in una nota di Rossella Muroni e Michele Buonomo, rispettivamente direttrice nazionale e presidente regionale Legambiente

dati di Legambiente sono senza appello: dal 2001 ad oggi sono stata ben 33 le inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti condotte dalle procure attive nelle due province. I magistrati hanno emesso ben 311 ordinanze di custodia cautelare, con 448 persone denunciate e 116 aziende coinvolte. Inchieste che, al di la dei numeri, hanno consentito di smascherare alcune tra le principali holding mafiose attive nel ciclo dei rifiuti, capaci di movimentare milioni di tonnellate di veleni. Si stima che nel nostro paese solo nel 2010 – sommando i quantitativi sequestrati nelle principali inchieste gli inquirenti hanno messo le mani su un totale che supera i 2 milioni di tonnellate di monnezza : considerando che un tir trasporta in media 25 tonnellate a carico, significa che se ne sono messi in cammino 82.181. Uno dietro l’altro fanno una strada che da Reggio Calabria arriva quasi a Milano (1.117 chilometri). E la maggior parte di queste inchieste riguarda la Campania. Un’altra “fotografia” inquietante arriva dal Commissario per le bonifiche che nel 2009 mette nero su bianco l’esistenza di 1.122 aree avvelenate da smaltimenti illegali in 70 Comuni, sempre tra le due province. Dati che in questi anni sono, purtroppo, sicuramente cresciuti, visto che buona parte degli oltre mille sequestri effettuati dal 2008 al 2012 dalle forze dell’ordine è rappresentata proprio da discariche abusive e aree di sversamento illegale di rifiuti.

Un virus- concludono i due rappresentanti di Legambiente- con la faccia di apparentemente innocui imprenditori di rifiuti, di professionisti affermati e ben vestiti, colletti bianchi e inamidati, mafiosi di professione, che ha lasciato una scia di veleni che ha finito per ammorbare ogni forma di vita in ampie fette di territorio campano”.

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