Domenica 30 novembre è la giornata della rivincita della bellezza: l’ecomostro di Alimuri, lo scheletro di cemento da 18 mila metri cubi che deturpa una delle spiagge più belle della Penisola Sorrentina è stato abbattuto.
Una gran bella giornata, la rivincita della bellezza sull’arroganza del cemento. Dalle macerie dell’ecomostro di Alimuri arriva chiaro il messaggio: mai più condoni, mai più abusivismo, mai più regali all’ecomafie. Ora è necessario mettere in sicurezza il costone e vigileremo perché quel tratto di costa liberato torni al suo stato naturale e ritorni definitivamente alla fruizione dei cittadini. “L’abbattimento di Alimuri deve servire anche e soprattutto come monito per amministratori, governo e Regione Campania perché l’abusivismo non paga più e per dire definitivamente basta ai condoni e tentativi in sede legislativa di salvare le case abusive.
Legambiente era presente all’evento con sue imbarcazioni con bandiere e con i due striscioni storici, forti di 14 anni di battaglie, “abbattiamolo” e “giù le mani dalla costa”, mentre i volontari hanno indossato la maglietta con la foto dello scheletro di Alimuri abbattuto, che andrà ad arricchire la collezione delle t-shirt dell’associazione ambientalista dedicata agli ecomostri caduti giù.
FOTOSEQUENZA
VIDEO
Il momento del crollo
Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente
Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania
I blitz di Goletta Verde
La storia del mostro
Lo scheletro di Alimuri è uno degli ecomostri più anziani censito dal dossier Mare Monstrum di Legambiente e resiste incompiuto con migliaia di metri cubi di cemento armato a vista che dominano il mare della penisola sorrentina, cinque piani per 16 metri di altezza, un grande alveare che si sta sgretolando per la vecchiaia. Fino ad ora l ‘unico intervento che era visto è stato quando nel 2009 il comune fece imbrigliare alcune aree.
La storia di questo albergo fantasma comincia con il rilascio della prima licenza per la realizzazione di un albergo da 100 stanze nella prima metà degli anni sessanta. Da allora tra sospensioni dei lavori, ricorsi, sentenze, licenze annullate, nuovi ricorsi e nuove sentenze, sono passati decenni e il manufatto è diventato un “rifugio” legato al traffico degli stupefacenti e una discarica abusiva di rifiuti. Alcuni anni fa sembrava fosse stato trovato l ‘accordo per dare una svolta alla vicenda: in cambio della demolizione, in larga parte coperta da soldi pubblici, ai proprietari – che hanno avuto ragione contro il sequestro e sono tornati legittimamente in possesso dell’immobile – veniva concessa la possibilità di costruire altri 18 mila metri cubi di cemento su un ‘altra area sempre nel comune di Vico Equense. In più, su parte dei terreni occupati dallo scheletro avrebbero potuto realizzare uno stabilimento balneare. Per chi vive sulla costiera, un accordo troppo generoso verso i privati e troppo poco verso l ‘interesse collettivo per il ripristino dei luoghi violati. Addirittura il governo nazionale arrivò a inserirlo negli edifici da abbattere tra i primi con il fondo istituito dall’allora ministro Rutelli. La svolta nell’aprile di quest’anno quando è stata dichiarata finalmente l’illegittimità dell’opere.