Edoardo Zanchini replica ai dubbi e alle accuse di Salvatore Settis che, sabato su Repubblica, lanciava un allarme a proposito del progetto di legge 70 sul consumo di suolo e la rigenerazione urbana.

Caro Settis,
mi ha molto colpito il suo intervento su Repubblica di Sabato per l’allarme che lanciava su un tema così delicato in Italia come il consumo di suolo. Ho letto il testo del Disegno di legge Ac/70 e fatto alcune verifiche per cui mi permetto di segnalarle alcuni punti che proprio non mi convincono.

In primo luogo l’accusa per cui si consacrerebbe il consumo di suolo traducendolo in un sovraccosto. Non può sfuggire che l’unico Paese in Europa che in questi anni ha fatto di questo tema una priorità nazionale, ossia la Germania, sia partito proprio dall’inasprimento della fiscalità per i suoli trasformati con l’obiettivo di spingere la riqualificazione. Mercificazione? Che il tema sia serio e non semplificabile lo dimostra che un contributo di questo tipo è previsto anche nel Disegno di Legge appena presentato dal Movimento Cinque Stelle (a cui ha contribuito un urbanista che Lei conosce come Paolo Berdini) e in quello proposto dal Wwf.

Secondo punto, rispetto all’allarme lanciato con l’articolo. Il testo in realtà non è nuovo ma risale alla scorsa legislatura (è la riproposizione di un DL presentato da Della Seta, Vitali e altri). E secondo i regolamenti delle commissioni parlamentari non sarà portato in votazione ma, attraverso il confronto con gli altri testi sullo stesso argomento (come il “Catania”), dovrà portare a un testo unificato. Di più, quella proposta nacque proprio con l’obiettivo di integrarsi con il testo “Catania” che se è totalmente condivisibile nei principi, negli obiettivi e nelle strategie di tutela dei suoli agricoli, si limita però solo a questi come attenzione e manca nell’incidere rispetto al tema della riqualificazione delle periferie e del patrimonio edilizio che, come noto, nel nostro Paese dovrebbe essere una priorità e invece sconta
ritardi e problemi di norme, risorse, attenzione da parte del mondo delle costruzioni e delle stesse amministrazioni locali. Nel Disegno di Legge Ac/70 oltre a obiettivi di limiti al consumo di suolo che riguardano tutte le aree (non solo quelle agricole), vi sono proposte di “rigenerazione” ambientale, statica, energetica degli ambiti urbani degradati che possono essere criticate, ma che un problema esista nel nostro Paese è difficilmente negabile. E, purtroppo, se si vuole riqualificare grandi complessi edilizi e speculazioni costruite nel dopoguerra non basta “separare la proprietà dei suoli dai diritti edificatori” come giustamente Lei propone.

Infine, l’accusa più grave politicamente, quella dell’inciucio tra Realacci e Lupi, per cui il testo non è altro che la riproposizione delle idee liberiste in materia di diritti edificatori dell’attuale Ministro delle Infrastrutture. Il tema è effettivamente assai delicato, ma bastava una verifica tra i testi per accorgersi delle differenze. La proposta Lupi del 2008 prevedeva che i diritti edificatori generati dalla perequazione urbanistica fossero commerciabili “senza limiti”. Nel testo contestato esiste, (all’articolo 7) la possibilità di trasferire i diritti edificatori tra proprietà immobiliari “solo se il trasferimento è coerente con le previsioni degli strumenti urbanistici del comune, nonchè degli strumenti e delle norme di pianificazione sovraordinati”. Dunque solo se il Piano lo prevede, se non in contraddizioni con vincoli e norme regionali, e solo con “la cessione gratuita delle aree necessarie all’attuazione degli obiettivi di piano”, visti i problemi dell’esproprio nel nostro Paese. Se questo è scritto nel DL, la tesi dell’articolo per cui basta pagare per ottenere che qualunque territorio diventi edificabile, potendo anche trasferire tale diritto, non pare proprio stare in piedi. Quanto poi ai rischi legati ai “comparti edificatori” nulla di nuovo, stiamo parlando di un istituto che nel nostro Paese esiste dal 1942, ha funzionato male, e viene proposto all’articolo 5 di utilizzarlo nelle situazioni “per le quali gli strumenti urbanistici prevedono una trasformazione unitaria individuando gli obiettivi di riqualificazione urbanistica e ambientale”. Scritto così pare una forma di intervento con la quale guidare la riqualificazione che nel nostro Paese non funziona, se invece vi sono dubbi tecnici ben vengano ma risolvere il problema è o no una priorità? Perché a Barcellona come a Berlino, a Marsiglia come a Friburgo si usano strumenti di questo tipo per guidare nell’interesse pubblico le trasformazioni dentro le periferie e offrire un alternativa concreta al consumo di suolo.

A noi pare che questo Paese abbia un bisogno urgente di una riforma in questo campo. Nel nuovo Parlamento sono diversi i Disegni Legge con idee e proposte condivisibili, anche diverse tra di loro, ma ora è il momento di aprire un confronto nel merito per trovare le soluzioni più efficaci.
L’impegno di Legambiente è di fare in modo che questo confronto sia trasparente per far capire la portata della sfida che abbiamo di fronte, che entri nel merito dei problemi, e per questo ci piacerebbe invitarla a partecipare a una iniziativa pubblica che abbiamo in mente di organizzare sul tema.

Cordiali saluti,
Edoardo Zanchini, vicepresidente Legambiente